I Dogon, il popolo dei misteri
I Dogon, etnia del Mali, sono chiamati “Habbe” cioé pagani, dai Fulani di religione islamica. Popolo di agricoltori provenienti da Mandè, una regione a sud est del Mali, durante il XIV secolo s’insediò sulla falesia di roccia sedimentaria di Bandiagara, lunga duecentociquanta km che si eleva di circa cinquecento mt sulla sottostante pianura sabbiosa. Questa zona era allora abitata dai Tellem, una popolazione oggi scomparsa, probabilmente fusasi con i Dogon.
I villaggi
Il villaggio Dogon è costituito da edifici cubici o circolari, in pietra e argilla, separati tra loro da stretti viottoli sempre ombreggiati. Il villaggio si estende da nord a sud a imitazione di un uomo che giace supino. La disposizione e le architetture delle case s’ispirano a concezioni cosmologiche.
Il Patriarca
L’agglomerato è diviso in quartieri. Le case (ginna) sono abitate dalla “famiglia estesa”, nucleo della società Dogon patrilineare. Ogni quartiere rivendica diritti collettivi su aree coltivabili. L’amministrazione del quartiere spetta di diritto al patriarca (ginna bana), condizionato dal parere di tutti.
Il vecchio e saggio Hogon
L’unico organo di governo presso i Dogon è costituito dai patriarchi posti sotto l’autorità del capo religioso Hogon, responsabile del culto, amministratore della giustizia e “custode della terra”, inalienabile e sacra perchè accoglie nel suo grembo gli antenati e fa germogliare i semi. L’Hogon è anche il custode delle tradizioni e delle conoscenze che trasmette alle nuove generazioni.
I circoncisi
Un gruppo di ragazzi circoncisi, si spostano nei villaggi agitando i sistri, fatti di un bastoncino sul quale sono infilate delle rotelle di zucca. Il loro suono serve ad allontanare le donne impure e le entità negative. Un vecchio e saggio Dogon, Ogotemmeli, interrogato dall’etnologo francese Marcel Griaule che soggiornò a lungo presso questa etnia, ci ha fornito ulteriori notizie. Il bastone del sistro è il sesso maschile liberato dal prepuzio e, i dischi di zucca, rappresentano i prepuzi recisi. (Griaule M . Dieu d’eau – Paris, Editions Du Chene, 1948)
Foto di gruppo
Si tratta della riunione di tutti i ragazzi circonsi del villaggio. Non si sono ancora lavati. Ci hanno spiegato che l’acqua ritarda la cicatrizzazione, mentre il vento secco che viene dal deserto, facilita la guarigione. Queste foto, come le successive, sono state scattate dai fratelli Castiglioni negli anni tra la fine del 1970 e l’inizio del 1980.
L’oroscopo dello sciacallo
L’indovino traccia, sul terreno sabbioso, linee, rettangoli e infila legni su mucchietti di sabbia: è l’oroscopo dello sciacallo. L’animale passerà di notte, lasciando sul terreno le sue impronte. L’indovino, osservando attentamente i simboli rimossi, sarà in grado di predire il futuro, anche dei circoncisi.
Le grotte della circoncisione
I ripari sotto roccia, decorati con pitture enigmatiche, sono il luogo dove, ogni tre anni, vengono circoncisi i giovani dai 7 ai 13 anni di età. Il già citato Ogotemmeli ha precisato, nel corso del colloquio avuto con Griaule, che il prepuzio reciso si trasforma in una lucertola, chiamata “sole”. Il prepuzio è il simbolo dell’organo femminile che circonda il pene maschile. Solo con la circoncisione, il giovane viene “liberato dalla femminilita” e il sangue è considerato come l’offerta di una vittima sugli altari.
Pitture rupestri
In alcune delle numerose e differenti pitture che coprono le pareti dei ripari, alcuni ricercatori hanno visto la rappresentazione di corpi celesti: il pianeta Giove con i suoi satelliti e Saturno con gli anelli. E’ nata così l’ipotesi che i Dogon possedessero profonde conoscenze astronomiche. Griaule nel suo lbro riferisce che i Dogon conoscevano l’esistenza della stella Sirio A (chiamata “sigu tolo”) e di una seconda stella, Sirio B (“po tolo”), fotografata per la prima volta nel 1970, orbitante intorno a Sirio A in un periodo di 50 anni. Inoltre i Dogon asserivano di conoscere una terza stella, “ ya tolo”, Sirio C, la cui esistenza venne attestata solo nel 1997. Da qui sono nate le ipotesi che gli antenati Dogon fossero entrati in contatto con superiori civiltà aliene.
Controversie
Successive ricerche hanno fatto nascere dubbi sulla validità delle ricerche del francese. Forse Griaule fraintese i discorsi di Ogotommeli o, forse, il vecchio saggio intuendo dalle domande ciò che lo studioso desiderava sapere, rispose in modo da soddisfare la sua curiosità. Anche a noi, durante le ricerche presso popolazioni tecnologicamente arretrate, ci capitò di chiedere il significato di particolari riti e ottenere risposte che ci lasciarono nel dubbio. Cercavano di assecondarci, intuendo dalle nostre domande, tradotte in modo approssimativo da un inteprete, ciò che desideravamo conoscere.
Il cimitero
I Dogon non seppeliscono i morti. Li avvolgono in una coperta, deponendoli in grotte, forse antichi ripari dei Tellem. Un giorno, ci imbattemmo in uno di questi cimiteri collettivi con una parete di pietra che chiudeva una grotta, nascondendola. Il muro era crollato. Entrammo e ci trovammo circondari da centinaia di resti umani.
Ceramiche
Sparsi tra le ossa, notammo brandelli di tessuti e oggetti diversi sepolti insieme alle salme, soprattutto numerosi recipienti in terracotta muniti di tre anse di foggia particolare, forse votivi.
Arte lignea
L’arte Dogon presenta alcune tra le più interessanti produzioni lignee di tutta l ‘area sudanese. Si ispira allo stile dei Tellem che hanno preceduto i Dogon e che ci hanno lasciato sculture molto antiche, risalenti fino a due secoli fa. L’arte Dogon è religiosa. Le statue antropomorfe sono strettamente legate al culto degli antenati, simbolico ricettacolo delle forze sovrumane degli avi, con il quale l’uomo può entrare in relazione. Talvolta le sculture sono rappresentate con le braccia alzate in atteggiamento invocante, forse la pioggia, indispensabile in una zona particolarmente sterile.
Le porte dei granai
I granai Dogon hanno forma quadrata con tetto di paglia e custodisco i cereali, soprattutto fonio.
Le aperture sono raggiungibili per mezzo di semplici scale con gradini scavati nel tronco di un albero.
Sono chiuse da piccole porte, molto apprezzate dai collezionisti, formate da due pannelli legati da griffe di pelle o di metallo e fornite di serrature scorrevoli.
Le numerose sculture in rilievo che coprono sovente l’intera superficie rappresentano gli antenati e fanno riferimento alla complessa cosmogonia Dogon sull’origine del mondo.
Talvolta anche sulle porte delle abitazioni sono incise le figure degli avi protettori.
La casa della parola
Il Togu-na è il luogo dove l’Hogon e gli anziani del villaggio si radunano per discutere le questioni importanti e prendere le opporune decisioni. Lo spazio angusto, sormontato da un massiccio tetto di rami e paglia, impone agli intervenuti di restare accasciati. Abbiamo chiesto il motivo al nostro inerprete. La sua risposta è stata stupefacente: “qui si discute con calma. Se qualcuno si adira e si alza picchia la testa sul soffitto e torna subito seduto”.
I maestri del Corano
Nonostante i contatti con l’Islam e la religione cristiana, i Dogon mantengono ancor oggi un legame forte con le loro credenze religiose che contemplano un unico Dio Creatore Amma e gli otto progenitori mitici, i Nommi. Tuttavia il Credo islamico penetra sempre più profondamente nel tessuto Dogon. Abbiamo sovente visto maestri dettare le sure del Corano.
I giovani le scrivevano su tavolette di legno, che poi lavavano cancellando il compilato che dovevano riscrivere a memoria.
Presso il Museo Castiglioni è possibile scoprire straordinari reperti etnologici ed archeologici.
Tutte le immagini fotografiche, i disegni e i testi di questo articolo sono di proprietà esclusiva dei fratelli Alfredo e Angelo Castiglioni. Qualsiasi riproduzione, anche se parziale, è vietata. Per ricevere autorizzazione all’utilizzo si prega di contattare il Museo Castiglioni.
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