I Nuba del Kordofan (Sudan): una cultura scomparsa

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Sono gli ultimi mesi del 1974. Ci troviamo in Sudan e stiamo percorrendo con i fuoristrada la regione del Kordofan. Siamo diretti a sud verso i Monti Nuba che sulle nostre carte geografiche figurano con il pomposo nome di catena montuosa, anche se, altro non sono che semplici gibbosità del terreno che si ergono sulla piatta savana con altitudini che variano dai quattrocento ai novecento metri. E’ un’area tra le più isolate del Sudan che ha protetto per secoli (anche dalla tratta degli schiavi) i Nuba, termine con il quale sono indicate le differenti popolazioni della zona. Ci ha spinto a organizzare la missione la certezza che avremmo incontrato gruppi arcaici, aprendo uno scenario di ricerca che sarebbe stato importante approfondire.

L’incontro
Ci avviciniamo. Ed ecco che, improvvisamente, una decina di Nuba spunta sulla cima di un’altura. Hanno udito il rumore inusitato dei nostri mezzi che ha rotto all’improvviso il silenzio.
Si stagliano contro il cielo.

“Sono come Adamo ed Eva,” ci dice il nostro interprete Terry, un giovane sudanese che ha studiato presso i Comboniani di Khartoum, sorpreso come noi dalla perfezione dei corpi nudi. E’ come se si fosse aperta una finestra sulle nostre origini più lontane e dimenticate. E’ l’alba dell’uomo che rivive davanti a noi.

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La curiosità
Apriamo le tende nelle vicinanze del villaggio di Kau e siamo subito avvicinati da un gruppo di Nuba. Ci guardano attratti dalla nostra presenza e dalle autovetture. E’ una curiosità reciproca che si manifesta sempre quando culture lontane e differenti s’incontrano.

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Corpi perfetti
Abbiamo così la possibilità di osservarli attentamente. La loro pelle è un supporto lucido d’olio sul quale hanno steso polveri di ocra gialle e rosse in tutte le infinite sfumature. E’ la cosmesi artistica più genuina e immediata che attira l’attenzione ed esalta la perfetta armonia dei corpi giovani e pieni di voglia di vivere. “Se i giovani del villaggio sono belli e forti, lo è anche la collettività alla quale appartengono”, asseriscono i Nuba con convinzione.

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Gli anziani
Con il trascorrere degli anni e lo sfiorire della prestanza fisica, i Nuba smettono di dipingersi e le donne si coprono con lunghe sottanine di cotone stampato portate dai mercanti arabi. Anche gli uomini adulti si vestono: sono loro ad accompagnare i ballerini con i tam-tam durante le feste.

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Essere seducenti
“Sono dei selvaggi”, mormora il nostro interprete, sorpreso dai corpi abbondantemente unti e dai disegni geometrici che ricoprono volti e corpi e dalle calotte anch’esse colorate, talvolta abbellite con piccole piume bianche. Cerchiamo di spiegargli che i canoni estetici dei differenti gruppi africani sono sovente il risultato di una complessa costruzione culturale, valida esclusivamente per il gruppo che l’ha creata.

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Così i requisiti richiesti perché una donna o un uomo siano considerati “ belli” non sono, per tutti, gli stessi. Non sempre ciò che è ritenuto seducente per l’uomo africano lo è anche per l’ europeo. Tuttavia è impossibile non apprezzare gli accostamenti di colore e i disegni realizzati sui volti che rispecchiano le capacità artistiche di coloro che li hanno eseguiti.

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Lavorare insieme
Tra i Nuba tutto viene condiviso: la gioia per una nuova nascita o il dolore per un decesso che impoverisce la consistenza del gruppo. Anche nella costruzione di una capanna che arricchirà il villaggio di un nuovo nucleo famigliare, il giovane Nuba può contare su tutti. Una decina di persone è impegnata nella costruzione. Alcuni uomini impastano l’argilla con i piedi, altri portano l’acqua necessaria. Il luogo non è stato scelto a caso; il materiale di costruzione è ottenuto con terra argillosa, ricca di ossidi di ferro.

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Le mani come utensili
Il fango rossastro viene modellato con le mani in forme tondeggianti e trasportato dove si sta erigendo il muro perimetrale della nuova abitazione. I Nuba agiscono con la sicurezza dettata da una lunga esperienza: sovrappongono l’argilla dandole la giusta consistenza e la forma voluta. E’ una gara con il sole che rivendica il suo dominio sugli uomini e su tutto ciò che li circonda, anche sull’acqua che evapora rapidamente, facendo seccare il fango che diventa inutilizzabile.

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L’aiuto di tutti
Anche i bambini partecipano al lavoro. Ne vediamo alcuni di pochi anni d’età trasportare i blocchi di fango, con passo traballante, vacillando sotto il peso. Potrebbe essere un gioco, ma non è cosi. Agiscono con la serietà degli adulti impegnandosi con tutte le loro limitate forze.

 

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Il senso del pudore
Fin dall’età di quattro anni il vestito delle Nuba è un velo d’olio colorato con il quale si cospargono, con frequenza, il corpo, il viso e i capelli. Una ragazza non unta si sente nuda. Anche la cintura, che talvolta è solo una sottile striscia di cuoio che le cinge la vita, serve a vestirla: senza il leggero strato d’olio e la funicella, una giovane Nuba si vergogna a mostrarsi in pubblico.

 

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Le abitazioni
Sono alcune settimane che ci troviamo tra i Nuba e oggi abbiamo deciso di visitare il “quartiere” nord del villaggio di Kau che abbiamo finora trascurato. Ci aggiriamo tra le capanne d’argilla a pianta circolare e i granai con i tetti conici di paglia.

 

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Difendersi dalla pioggia
Quasi tutte le costruzioni poggiano, senza fondamenta, su massi granitici. Sono così al sicuro delle piogge torrenziali e dall’acqua che scivola impetuosa lungo i pendii.

 

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Acqua per tutti
Ristagna ai piedi delle colline, fornendo acqua al villaggio nei periodi di siccità. Fotografiamo e riempiamo i nostri taccuini di appunti. Gli abitanti ci osservano e giudicano il nostro comportamento, ci ha detto Terry, “inutili stranezze dei bianchi”.

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Nudità
Transitiamo davanti al recinto di canne che delimita e nasconde lo spazio di fronte alla capanna. Siamo accolti dagli strilli spaventati di una ragazza Nuba della cui presenza non ci eravamo accorti. Terry ride divertito, ci spiega, “non aveva ancora finito di stendere il velo d’olio colorato sulla pelle. L’avete sorpresa “svestita” e si è vergognata”.

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Lotta con bracciali a doppio tagliente
In prossimità del villaggio di Kau, ad est di Kadugli, Kordofan (Sudan), 1975.
Il raduno
All’alba di un giorno che si annuncia torrido, i giovani contendenti si radunano all’ombra di alcune acacie che circondano lo spazio scelto per lo “zuar”, la competizione. E’ un giorno importante, di festa. Per alcuni giovani sarà anche un giorno di vittoria, un momento di gloria e onori. Sta per iniziare la lotta che è, allo stesso tempo, anche cerimonia religiosa.

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Prepararsi alla lotta
I contendenti, unti d’olio e con la pelle ravvivata dai pigmenti colorati, siedono l’uno accanto all’altro, assorti nel compito di fissare ai polsi, per mezzo di legacci di cuoio, i bracciali di metallo a doppio tagliente. Pesano circa settecento-ottocento grammi. A forma di mezzaluna, sono armi pericolose che possono provocare gravi ferite all’avversario.

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Lo scontro
La lotta ha inizio: i due giovani si fronteggiano. Si studiano, attentamente, le braccia protese verso l’alto. Inizia una schermaglia fatta di finte, di attacchi improvvisi, di repentine schivate.
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Gli arbitri
Alcuni anziani seguono le mosse dei contendenti, pronti a intervenire, quando, nella foga, oltrepassano il limite di un lecito comportamento. Sono gli arbitri. La loro decisione è immediata: separano i duellanti che sospendono immediatamente la lotta.

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Il vincitore
I colpi inferti alla testa sono i più pericolosi. La lotta termina e il vinto, appoggia il capo sulla spalla del rivale. Si arrende e il suo sangue cola abbondantemente a bagnare il terreno. Linfa vitale dell’uomo, stimolerà la crescita vegetale assicurando messi abbondanti. I vincitori diventeranno “Kudundor” e l’eco delle loro gesta rimarrà a lungo nel ricordo degli abitanti del villaggio.

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Le giovani Nuba si preparano al “Nyertum”
E’ dall’alba che si stanno svolgendo i preparativi per il “Nyertum”, la danza che noi abbiamo chiamata “dell’amore”. Notiamo numerose ragazze intingere la punta delle dita in ciotole contenenti oli colorati che cospargono sul corpo senza tralasciare il viso, i capelli e il pube rasato. Si aiutano reciprocamente, soprattutto per stendere il colore sulle spalle, cercando di evitare che la più piccola porzione di epidermide resti scoperta.

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Anche i giovani si preparano alla danza
Nel buio delle capanne si dipingono; ognuno estrinseca la sua fantasia dipingendo il volto con colori e disegni differenti.

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Mostrarsi davanti a tutti
Escono all’aperto per farsi ammirare. Sono orgogliosi dei loro risultati e attendono i commenti dei presenti, non sempre concordi.

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La danza
Alle ultime ore del giorno, inizia il “Nyertum”. Una polvere impalpabile ristagna nell’aria senza vento e si accende nei colori del tramonto, facendo brillare il velo d’olio che ricopre il corpo delle giovani nuba.

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Le danzatrici seguono il ritmo dei tamburi, flessuose e provocanti. C’è un senso religioso nelle movenze, un’ansia liberatoria, e c’è dominante , anche se inconscio, istintivo e senza malizia, un forte richiamo sessuale. I giovani Nuba non partecipano alla danza. Siedono sul “rakoba”, un muretto di pietre a secco e si appoggiano a un bastone tenendo la testa bassa. Non guardano le giovani che danzano davanti a loro.

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Dopo il tramonto
Si è fatto buio ma le giovani non avvertono la stanchezza. Sprigionano una vitalità irrefrenabile, immerse nella natura che le circonda e che sembra vibrare e gioire con loro. Le Nuba conoscono l’arte di farsi desiderare. Si avvicinano e si allontanano dal “rakoba”, seguendo il ritmo dei tamburi. Improvvisamente una giovane, la più audace, si stacca dal gruppo, si avvicina al prescelto. Solleva una gamba e l’appoggia sulla spalla del giovane: un gesto con il quale rende evidente la sua scelta. Un invito senza pudore che può valere per tutta la vita, o anche solo per una notte.

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Un’incredibile conclusione
E’ ormai notte e sembra che la danza stia per finire. Mio fratello Alfredo, che per tutto il tempo della danza si è mosso, da un punto all’altro del piazzale, per fissare sulla pellicola fotografica quelle straordinarie immagini, si siede sulle pietre del “rakoba” con gli uomini nuba. “Un attimo – sussurra – solo per riprendere fiato.”
Ed ecco emergere dal buio una giovane dipinta di ocra rossa che pone rapidamente una gamba sulla sua spalla. Lui è imbarazzato e non sa cosa dire. Solo Terry, a cui non manca il senso dell’umorismo, rompe il silenzio con una sonora risata: “Ora dovrà sposarla, e dare ai genitori della ragazza una mucca, un toro, dieci capre e… aiutarli nei lavori dei campi”.

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Presso il Museo Castiglioni è possibile scoprire straordinari reperti etnologici ed archeologici.

Tutte le immagini fotografiche, i disegni e i testi di questo articolo sono di proprietà esclusiva dei fratelli Alfredo e Angelo Castiglioni. Qualsiasi riproduzione, anche se parziale, è vietata. Per ricevere autorizzazione all’utilizzo si prega di contattare il Museo Castiglioni.

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