Turkana: pastori del "Lago di Smeraldo".

Le foto e gli appunti della missione dei fratelli Alfredo e Angelo Castiglioni tra i Nilo Camiti, agli inizi degli anni ’80..

Il popolo Turkana, vive nel Nord-Ovest del Kenya e la sua area di occupazione si estende fino alle rive del lago Turkana (ex lago Rodolfo) in un ambiente desertico tra i più ostili della terra, con temperature che, in alcuni mesi dell’anno, raggiungono i 45 gradi centigradi. Talvolta i pastori Turkana si spingono fino al lago per abbeverare le greggi di capre.

Il lago Turkana
E’ chiamato anche “il lago di smeraldo” per il colore delle acque che riflettono l’azzurro del cielo.
Dal diario della spedizione: “Raggiungiamo il lago durante le ore più calde della giornata. Lo vediamo da lontano in uno spazio senza vegetazione. Il bacino d’acqua ci appare come un grande occhio celeste che ci osserva circondato da nere colate laviche”.

Un albero solitario
Dalle rocce spunta un’acacia solitaria che sopravvive in questo ambiente rovente e sterile. Non è un’immagine frequente e merita il ricordo di una foto.

Un lago chiuso
Lungo circa 300 km, il Turkana è un bacino chiuso. Non esistono corsi d’acqua che escono dal lago mentre gli unici immissari sono i fiumi Turkwel, Kerio e il fiume Omo, il più importante. L’acqua è calda e leggermente salata e il lago è ricco di pesci e di numerosi coccodrilli.

Gli El Molo
Lungo le rive del lago vivono gli El Molo, una delle tribù meno numerose dell’Africa. Abili pescatori, catturano il pesce con arpioni, reti costruite con fibre di “palma dum” e nasse.

I cani degli El Molo
Dal diario della spedizione: “Ci fermiamo a documentare la vita dei pescatori . Con loro ci sono alcuni cani che divorano le interiora dei pesci che gli uomini lasciano sul terreno, contribuendo a mantenere pulito l’ambiente. I pastori Turkana disdegnano la pesca; tuttavia, raramente, si cibano di pesce che ottengono dagli El Molo con il baratto”.

Gli animali dei Turkana
Tutti gli sforzi dei Turkana sono indirizzati alle mandrie e agli armenti: allevano dromedari, asini, capre e zebù (Bos taunus indicus) dalle vistose gobbe. In un ambiente estremamente arido, i pastori si spostano continuamente alla ricerca di acqua, anche stagnante, residuo del periodo delle piogge. Il bestiame fornisce loro carne, latte e burro ed è anche merce di scambio.

L’importanza dell’acqua
Nulla è più importante dell’acqua per i Turkana. L’utilizzano solo per dissetarsi, mentre, per la pulizia, strofinano il grasso animale sulla pelle. Anche il burro ha uno specifico impiego: è alimento e medicina e serve a proteggere la pelle del collo delle donne dall’attrito provocato dalle numerose collane di perline e durante gli spostamenti in savana e nel corso delle danze.

 

L’allevamento
L’allevamento dei bovini è compito di entrambi i sessi: le donne mungono e assegnano nomi diversi a ogni capo di bestiame, gli uomini li conducono al pascolo e all’abbeverata.

 

Ragazze nubili e donne sposate
Le ragazze si sposano adolescenti. Le nubili portano un minuscolo perizoma di pelle di capretto ornato con perline colorate, mentre le donne maritate indossano una gonna che sale a coprire la schiena e un vistoso copri sesso arricchito con numerose perline di differenti colori.

L’uomo Turkana
L’uomo turkana si sposa in età avanzata, verso i trent’anni. La poligamia è molto praticata. Numerose mogli conferiscono al pastore grande prestigio. La prima moglie è normalmente scelta dalla madre che è giudicata capace di distinguere una buona lavoratrice, anche se viene tenuto in considerazione il parere del giovane.

Il giovane Turkana
Il giovane pastore dovrà, tra pochi giorni, affrontare un particolare rituale che gli conferirà lo status di adulto. Ucciderà con la lancia un bue e gli anziani gli spalmeranno sul corpo il contenuto dello stomaco dell’animale e gli sputeranno addosso acqua e latte. Poi la carne verrà consumata da tutti i presenti che festeggeranno così l’entrata di un nuovo membro nella classe degli uomini.

L’ammalata
Dal diario della spedizione : “E’ il tramonto e stiamo tornando alle nostre tende quando ci imbattiamo, nei pressi del villaggio Turkana che ci ospita, in una immagine sconvolgente : una giovane, certamente ammalata, è stesa a terra e il suo corpo è bagnato col sangue e con il chimo estratto dallo stomaco di un capretto sacrificato.

La cura
Dal diario della spedizione: “Due donne circondano la sofferente ed iniziano ad agitare su quel corpo disteso alcune pelli di bovino. E’ un rito scaramantico: le fattucchiere cercano di scacciare il malocchio o le forze negative che hanno fatto ammalare la donna.

Gli ornamenti
Cerchi di metallo e “foglie” di alluminio ornano le orecchie delle donne: pendenti particolari, talvolta molto vistosi, che permettono di individuare con certezza il gruppo di appartenenza della donna.

Pendente con conchiglia
Talvolta al centro dei pettorali delle donne brillano grandi conchiglie bianche. Sono ornamenti rari e ricercati che provengono dalle acque del lago Turkana.

Collane di perline
Le perline colorate, provenienti sovente da lontano, abbelliscono e arricchiscono i pettorali delle donne sono dimostrazione della ricchezza della famiglia. Vistosi e pesanti ornamenti che possono arrivare fino a dieci chili di peso.

Il matrimonio
E’ giovane e sarà presto chiesta in moglie. Nel periodo del nostro soggiorno presso i Turkana la “ricchezza della sposa” (prezzo della sposa) ammontava in media a 30 bovini, 15 cammelli e 80 pecore di proprietà della famiglia e offerti anche da parenti e amici. La consegna del bestiame concludeva la cerimonia nunziale ed era il risultato di lunghe contrattazioni. Poi lo sposo uccideva il “bue del matrimonio” la cui carne e sangue venivano consumati dagli anziani. Alla sposa veniva posto in grembo un neonato, atto beneagurante di fertilità.

L’anziana Turkana
Le donne anziane sono onorate ma anche temute. Sono le depositarie della tradizione e conoscono i segreti delle erbe che possono guarire, ma sono anche in grado di effettuare malefici. Se, in passato, venivano giudicate streghe, venivano uccise; oggi sono percosse e scacciate dal villaggio.

Fin dai primi giorni fummo ben accolti dai Turkana. Poi ci accorgemmo che il nostro continuo uso della cinepresa li aveva incuriositi. Così, un giorno, un’ anziana, ci fece capire timidamente che avrebbe desiderato guardare attraverso le lenti. L’accontentammo, suscitando gridi di stupore quando avvicinammo gli oggetti azionando lo “zoom” e la cinepresa divenne oggetto di curiosità e diletto.

Abitazioni
Le abitazioni sono a cupola, costruite con il materiale più eterogeneo che i Turkana trovano nel loro ambiente. Rami che piegano ad arco e che ricoprono con foglie di palma, paglia, pelli e scorze d’albero. L’ingresso è sempre rivolto verso il nascere del sole. Le abitazioni sono circondate da un recinto di rami che difendono vitelli e agnelli dall’attacco notturno degli animali predatori. E’ anche uno spazio sicuro dove i bambini più piccoli possono muoversi liberamente.

Il villaggio è composto da una o più famiglie nucleari che comprendono il marito e le mogli con i figli e le figlie da sposare. L’interno delle costruzioni è disadorno: alcune pelli stese a terra fungono da letti, macine litiche servono a polverizzare i cerali e pochi contenitori d’argilla completano l’arredo. Gli oggetti più preziosi sono appesi alle pareti: pelli, sacchi di cereali, borse di paglia, tenuti lontani dalla voracità delle capre.

Reperti
Numerosi sono i reperti fossili che giacciono lungo le rive del lago Turkana, in attesa di venir scoperti e analizzati dai paleo antropologi. Il più famoso ritrovamento è lo scheletro pressoché intatto di un bambino maschio di circa 10 anni, vissuto un milione e seicento mila anni fa, all’inizio del Pleistocene. Fossile battezzato “il ragazzo di Turkana”.

Presso il Museo Castiglioni è possibile scoprire straordinari reperti etnologici ed archeologici.

Tutte le immagini fotografiche, i disegni e i testi di questo articolo sono di proprietà esclusiva dei fratelli Alfredo e Angelo Castiglioni. Qualsiasi riproduzione, anche se parziale, è vietata. Per ricevere autorizzazione all’utilizzo si prega di contattare il Museo Castiglioni.

I Dogon, popolo dei misteri

I Dogon, popolo dei misteri

    I Dogon, il popolo dei misteriI Dogon, etnia del Mali, sono chiamati “Habbe” cioé pagani, dai Fulani di religione islamica. Popolo di agricoltori provenienti da Mandè, una regione a sud est del Mali, durante il XIV secolo s’insediò sulla falesia di...

leggi tutto
L’esplorazione del deserto nubiano sudanese

L’esplorazione del deserto nubiano sudanese

  Uadi Terfowi. La concessione Ce.R.D.O-CastiglioniQuando a metà del 1980 i fratelli Alfredo e Angelo Castiglioni domandarono alle autorità archeologiche del Sudan (NCAM ) il permesso a svolgere ricerche archeologiche nel deserto della Nubia si sentirono...

leggi tutto
La “strada del sud”: la pista dei pellegrini

La “strada del sud”: la pista dei pellegrini

    Nel XII secolo, i Crociati occuparono la Palestina. La pista che transitava lungo la penisola del Sinai e raggiungeva la Mecca non fu più praticabile dai pellegrini islamici. Scriveva Ibn Jubair viaggiatore e georafo arabo ( 1145- 1217 ) “Nel Sinai i...

leggi tutto

GLI ULTIMI RACCONTI

I Dogon, popolo dei misteri

I Dogon, popolo dei misteri

    I Dogon, il popolo dei misteriI Dogon, etnia del Mali, sono chiamati “Habbe” cioé pagani, dai Fulani di religione islamica. Popolo di agricoltori provenienti da Mandè, una regione a sud est del Mali, durante il XIV secolo s’insediò sulla falesia di...

leggi tutto
L’esplorazione del deserto nubiano sudanese

L’esplorazione del deserto nubiano sudanese

  Uadi Terfowi. La concessione Ce.R.D.O-CastiglioniQuando a metà del 1980 i fratelli Alfredo e Angelo Castiglioni domandarono alle autorità archeologiche del Sudan (NCAM ) il permesso a svolgere ricerche archeologiche nel deserto della Nubia si sentirono...

leggi tutto
La “strada del sud”: la pista dei pellegrini

La “strada del sud”: la pista dei pellegrini

    Nel XII secolo, i Crociati occuparono la Palestina. La pista che transitava lungo la penisola del Sinai e raggiungeva la Mecca non fu più praticabile dai pellegrini islamici. Scriveva Ibn Jubair viaggiatore e georafo arabo ( 1145- 1217 ) “Nel Sinai i...

leggi tutto
La pista degli alamat

La pista degli alamat

    La spedizione punitivaNegli anni tra l’820 e l’830 d.C, una spedizione punitiva degli arabi contro i nomadi Beja che, dopo aver assalito e saccheggiato alcuni villaggi della valle del Nilo, si erano rifugiati nel deserto, di cui da sempre erano gli...

leggi tutto

NEWSLETTER

Iscriviti alla Newsletter per ricevere i nuovi Racconti ed essere sempre aggiornato sulle novità del Museo Castiglioni

LE SALE DEL MUSEO CASTIGLIONI

Clicca sull'icona e scopri

MUSEO CASTIGLIONI

Parco Toeplitz
Viale Vico 46
21100 VARESE
M + 39 334 9687111
T +39 0332 1692429
info@museocastiglioni.it

Parco Toeplitz
Viale Vico 46
21100 VARESE
M + 39 334 9687111
T +39 0332 1692429
info@museocastiglioni.it