Fulbe Bororo: popolo di pastori.

Le foto e gli appunti sulla vita dei Fulbe Bororo sono il risultato delle missioni etnologiche in Africa occidentale effettuate tra gli anni sessanta e settanta del secolo scorso dai fratelli Alfredo e Angelo Castiglioni.

Le origini
Si ritiene, ma non è certo, che i Fulbe (conosciuti anche con il nome di Peuls, Fulani ecc ) siano i discendenti di gruppi preistorici migrati dal Sahara circa mille anni fa, spinti dalla desertificazione verso la regione del fiume Niger alla ricerca di pascoli per il loro bestiame.

L’aspetto fisico
I Fulbe (al singolare Pullo o Pulo) sono disseminati in tutta la fascia saheliana dal Senegal fino alle regioni del Chad e del Sudan orientale. Non sono puramente negroidi, avendo evidenti lineamenti di tipo europeo.

I Bororo
Sono pastori nomadi che conoscono il ritmo delle stagioni e regolano su di esso la transumanza alla ricerca di pascoli. Alcuni gruppi consistenti di Fulbe, in zone particolarmente fertili della savana (ad esempio il nord Cameroun), sono diventati sedentari agricoltori abbandonando, almeno in parte, la vita nomade. Solo piccoli gruppi Fulbe, conosciuti col nome di Bororo sono, ancor oggi, esclusivamente pastori che nomadizzano con i loro armenti su vasti territori.

Gli armenti
Per i pastori il bestiame è simbolo di ricchezza e costituisce quasi una ragione di vita. Gli animali non vengono macellati se non durante particolari eventi: nascite, matrimoni, riti funebri, ecc. I Fulbe consumano generalmente latte e i suoi derivati, nonché i prodotti dell’agricoltura, attività da loro disprezzata e affidata a caste inferiori di razza nera.

Abitazioni Bororo
Le abitazioni dei Bororo hanno forma cupoliforme, ottenute con rami piegati ad arco coperti con stuoie di paglia. Le suppellettili sono poche: graticci per letti, grandi zucche decorate (calebasse) per riporre il vestiario, stoviglie di terracotta o in legno, derrate alimentari. Accampamenti sommari, facili da smontare durante i loro continui spostamenti.

I silos
In alcuni villaggi Fulbe dediti all’agricoltura, abbiamo documentato silos a forma fallica e di mammella, certamente ben auguranti e propiziatori di ricchi raccolti; una tecnica costruttiva certamente appresa dalle popolazioni stanziate nella zona.

Il “prezzo della sposa”
La dote matrimoniale (il prezzo della sposa), consiste in un certo numero di mucche la cui consegna alla donna è solo formale. Infatti, dopo le nozze, la moglie riconsegnerà gli animali al marito. Il matrimonio è poligamico e il divorzio è ammesso.

I tre cicli della vita
La vita dei Fulbe si divide in tre periodi di 21 anni ciascuno. Il primo ciclo è di apprendistato, il secondo di pratica, il terzo di insegnamento. Per i Fulbe uscire dalla vita attiva è come morire. Siamo stati testimoni di una usanza incredibile e disgustosa: un anziano che aveva varcata la soglia dei 60 anni, fece succhiare la sua lingua all’iniziando. I Fulbe ritengono che la saliva sia il supporto della parola, cioè della conoscenza.

 

L’attività venatoria
La caccia e la pesca sono, con l’agricoltura, attività disprezzate dai Fulbe. Sono svolte da servi di casta inferiore. Abbiamo partecipato a battute di caccia effettuate da cacciatori neri, abili nel seguire le tracce degli animali e capaci di colpire la preda con frecce, talvolta avvelenate.

 

Il trofeo
Il cacciatore torna al villaggio portando il trofeo dell’animale abbattuto a dimostrare la sua abilità e la dimensione della preda che attende di essere recuperata. La carne, molto apprezzata anche dai pastori, permette di integrare la loro dieta giornaliera composta quasi sempre di latte e suoi derivati.

Credenze antiche
I Fulbe hanno abbracciato da tempo il credo islamico, tuttavia i Bororo nomadi non si separano mai dai loro numerosi amuleti protettori e svolgono antichi riti religiosi a sfondo animistico, culti preislamici arrivati, quasi inalterati, fino a noi.

La transumanza
I Bororo che danno a se stessi il nome dei Wodaabe (singolare Bodaado), vivono per il bestiame e tutti i loro sforzi tendono ad accrescere le mandrie e a conservarle fornendo agli animali (che procurano loro gioie ed emozioni) le migliori condizioni di vita. Per questi motivi i pastori si spostano continuamente alla ricerca di pascoli rigogliosi, coprendo talvolta grandi distanze. Anche durante le transumanze le madri non si separano mai dai figli che accudiscono con cura e mostrano con orgoglio.

Una gara di bellezza
I Bororo rendono un vero culto alla bellezza e prestanza fisica del proprio corpo. L’affermano quotidianamente nelle cure corporali, ne parlano durante le conversazioni, negli scherzi, ma anche nelle canzoni e nelle danze. All’arrivo della stagioni delle piogge effettuano la cerimonia Geerewol, gara di bellezza tra uomini appartenenti a tribù diverse, dove la fantasia si manifesta nelle acconciature, nelle movenze, negli ornamenti vistosi, talvolta accompagnati da oggetti estranei alla loro cultura, come gli occhiali da sole molto ricercati. E’ un’ostentazione tra uomini dove ognuno cerca di farsi notare, mostrando denti bianchissimi, facendo smorfie col viso, spalancando gli occhi per evidenziare il bianco della cornea.

Pesanti ornamenti
Il gusto raffinato dei Bororo si manifesta anche negli ornamenti e nelle acconciature femminili. Portano sovente vistosi orecchini d’oro, palese dimostrazione di ricchezza: tuttavia il loro peso provoca frequenti e notevoli deformazioni nei lobi auricolari.

Elaborate acconciature
Anche le capigliature delle donne sono oggetto di lunghe cure. Le minuscole trecce a cimiero sono talvolta ornate con dischetti o monete d’argento anche antiche.

Farsi ammirare
Le Fulbe sono considerate tra le più belle donne d’Africa. Le acconciature, gli ornamenti, il sapiente maquillage, non passano inosservati anche nei mercati più affollati.

I tatuaggi
I tatuaggi sul volto e ai lati della bocca delle donne sono indelebili marchi che evidenziano l’appartenenza ad un gruppo, servono ad allontanare le entità negative e, con il colore più scuro, mettono maggiormente in evidenza la tonalità ambrata della pelle.

Lo “sha-rot”: una prova di coraggio
Abituati a una rigida disciplina, in ambienti difficili e talvolta pericolosi per la presenza di animali predatori, i Bororo amano dar prova di coraggio e sopportazione del dolore, subendo una pubblica fustigazione, lo sha-rot. Siamo stati testimoni di questa usanza, oggi proibita. I contendenti si riunivano al centro di un cerchio di gente, venuta anche da lontano.

Vincere la sofferenza
Un giovane a petto nudo si poneva di fronte ad un compagno armato di un flessibile e nodoso ramo, attendendo di essere colpito. La frustata arrivava all’improvviso, dopo alcune simulazioni, provocando ecchimosi e ferite. Il giovane, subito circondato da parenti e amici, non doveva mostrare sofferenza: era il suo momento di gloria.

I mercati
In questi ultimi anni molti Fulbe sedentari dediti all’agricoltura, affluisco sempre più numerosi nei mercati dove, tra le merci più eterogenee offerte in vendita, operano anche gli artigiani, come i barbieri, che svolgono le loro attività all’aperto circondati dalla curiosità dei presenti.

Presso il Museo Castiglioni è possibile scoprire straordinari reperti etnologici ed archeologici.

Tutte le immagini fotografiche, i disegni e i testi di questo articolo sono di proprietà esclusiva dei fratelli Alfredo e Angelo Castiglioni. Qualsiasi riproduzione, anche se parziale, è vietata. Per ricevere autorizzazione all’utilizzo si prega di contattare il Museo Castiglioni.

I Dogon, popolo dei misteri

I Dogon, popolo dei misteri

    I Dogon, il popolo dei misteriI Dogon, etnia del Mali, sono chiamati “Habbe” cioé pagani, dai Fulani di religione islamica. Popolo di agricoltori provenienti da Mandè, una regione a sud est del Mali, durante il XIV secolo s’insediò sulla falesia di...

leggi tutto
L’esplorazione del deserto nubiano sudanese

L’esplorazione del deserto nubiano sudanese

  Uadi Terfowi. La concessione Ce.R.D.O-CastiglioniQuando a metà del 1980 i fratelli Alfredo e Angelo Castiglioni domandarono alle autorità archeologiche del Sudan (NCAM ) il permesso a svolgere ricerche archeologiche nel deserto della Nubia si sentirono...

leggi tutto
La “strada del sud”: la pista dei pellegrini

La “strada del sud”: la pista dei pellegrini

    Nel XII secolo, i Crociati occuparono la Palestina. La pista che transitava lungo la penisola del Sinai e raggiungeva la Mecca non fu più praticabile dai pellegrini islamici. Scriveva Ibn Jubair viaggiatore e georafo arabo ( 1145- 1217 ) “Nel Sinai i...

leggi tutto

GLI ULTIMI RACCONTI

I Dogon, popolo dei misteri

I Dogon, popolo dei misteri

    I Dogon, il popolo dei misteriI Dogon, etnia del Mali, sono chiamati “Habbe” cioé pagani, dai Fulani di religione islamica. Popolo di agricoltori provenienti da Mandè, una regione a sud est del Mali, durante il XIV secolo s’insediò sulla falesia di...

leggi tutto
L’esplorazione del deserto nubiano sudanese

L’esplorazione del deserto nubiano sudanese

  Uadi Terfowi. La concessione Ce.R.D.O-CastiglioniQuando a metà del 1980 i fratelli Alfredo e Angelo Castiglioni domandarono alle autorità archeologiche del Sudan (NCAM ) il permesso a svolgere ricerche archeologiche nel deserto della Nubia si sentirono...

leggi tutto
La “strada del sud”: la pista dei pellegrini

La “strada del sud”: la pista dei pellegrini

    Nel XII secolo, i Crociati occuparono la Palestina. La pista che transitava lungo la penisola del Sinai e raggiungeva la Mecca non fu più praticabile dai pellegrini islamici. Scriveva Ibn Jubair viaggiatore e georafo arabo ( 1145- 1217 ) “Nel Sinai i...

leggi tutto
La pista degli alamat

La pista degli alamat

    La spedizione punitivaNegli anni tra l’820 e l’830 d.C, una spedizione punitiva degli arabi contro i nomadi Beja che, dopo aver assalito e saccheggiato alcuni villaggi della valle del Nilo, si erano rifugiati nel deserto, di cui da sempre erano gli...

leggi tutto

NEWSLETTER

Iscriviti alla Newsletter per ricevere i nuovi Racconti ed essere sempre aggiornato sulle novità del Museo Castiglioni

LE SALE DEL MUSEO CASTIGLIONI

Clicca sull'icona e scopri

MUSEO CASTIGLIONI

Parco Toeplitz
Viale Vico 46
21100 VARESE
M + 39 334 9687111
T +39 0332 1692429
info@museocastiglioni.it

Parco Toeplitz
Viale Vico 46
21100 VARESE
M + 39 334 9687111
T +39 0332 1692429
info@museocastiglioni.it