Agli inizi degli anni ’70 una missione di Alfredo e Angelo Castiglioni raggiunse gli Shilluk, un gruppo etnico stanziato in un territorio lungo un ansa del Nilo Bianco, all’altezza della confluenza del fiume Sobat (Sudan meridionale), a nord dell’area occupata dell’etnia dei pastori Denka. In quegli anni gli Shilluk erano stimati in circa 100.000-110.000 individui sparsi in villaggi in un area caratterizzata da grandi baobab.
Il villaggio e le abitazioni
Il villaggio é composto da alcune decine di abitazioni disposte a semicerchio che delimitano uno spazio che funge da ricovero del bestiame durante la notte e, anche, da luogo comune d’incontro. Le capanne, a pianta circolare con tetto conico di paglia, hanno l’ingresso soprelevato per evitare gli allagamenti durante la stagione delle piogge. Si compongono di una sola stanza dove talvolta ci sono alcuni ripiani sui quali vengono custodite le derrate alimentari e i semplici oggetti della loro vita quotidiana.
Costruire una capanna
Durante il nostro soggiorno presso gli Shilluk abbiamo visto costruire nuove abitazioni. E’ un lavoro collettivo al quale partecipano non solo i famigliari ma anche gli abitanti del villaggio…
… viene intrecciata la paglia e costruite le corde per legare i rami piegati ad arco che compongono il traliccio della capanna…
… viene mischiata l’argilla umida con paglia e l’impasto è poi steso sull’intelaiatura con le mani, gli unici utensili impiegati nella costruzione…
… l’intelaiatura di legno garantisce stabilità alla capanna e l’argilla assicura una buona tenuta termica, nonostante l’alternarsi di giorni di forte calore e di notti fredde.
Il risveglio del villaggio
All’alba alle prime luci del giorno il villaggio si sveglia e gli abitanti iniziano a svolgere i quotidiani lavori : gli uomini portano al pascolo le mandrie, non prima però che i bambini più giovani si sfamino, succhiando il latte direttamente dalle mammelle delle mucche.
Le donne rimangono al villaggio a svolgere i gravosi e numerosi compiti che a loro competono: frantumare i cereali per trasformarli in farina, preparare i pasti, attingere l’acqua oppure…
… foggiare una pietra per costruire una macina simile a quelle usate nella preistoria.
Le classi sociali
Tra gli Shilluk rivestono una posizione di prestigio i divinatori, i veggenti. D’importanza rilevante è l’operatore di pioggia che vive a spese del villaggio. I fabbri sono temuti e rispettati, per la loro capacità di rendere liquido il ferro e saper forgiare armi e utensili agricoli. E’ tuttavia il Re il capo di tutti gli Shillulk. In lui risiede lo spirito di “Nyikango” (personalità storico-mitologica che guidò il popolo Shilluk nel territorio attuale), intermediario tra l’uomo e l’Essere Divino.
Marchi tribali maschili e femminili
Gli Shilluk sono conosciuti anche per i curiosi e appariscenti marchi tribali impressi sulla fronte sia degli uomini che delle donne. Alcuni esploratori dell’8oo chiamarono queste vistose scarificazioni (cheloidi) che attraversano la fronte appena sopra la linea delle sopracciglia fino all’attaccatura dell’orecchie, “grani di rosario”.
Sono talmente evidenti e inconfondibili che, alcuni anni fa, individuammo subito, in un mercato di Khatoum in Sudan, confusa tra una moltitudine di donne di etnie differenti, una ragazza Shilluk che stava parlando con una altra giovane anch’essa Shilluk. Provenivano da sud e i marchi tribali le avevano fatte riconoscere e sentire sorelle in una zona lontana dalla loro terra di origine. Era una carta d’identità stampata sulla pelle.
Come si ottengono
In diverse occasioni, durante il periodo da noi trascorso presso gli Shilluk, abbiamo assistito alla realizzazione di questi marchi effettuati da un abile specialista. La pelle, uncinata con un amo da pesca e tirata verso l’alto, viene incisa con una lametta da barba o con un affilatissimo coltello. Il taglio a forma semicircolare e sufficientemente profondo, provoca una notevole emorragia. Una perfetta e vistosa scarificazione, composta da escrescenze distanziate in modo regolare e sporgenti alcuni millimetri, richiede ripetuti interventi che si protraggono per anni.
Marchi ornamentali
Accanto alle scarificazioni tribali questo gruppo etnico pratica anche incisioni a puro scopo ornamentale sulle braccia all’altezza delle spalle. Si tratta normalmente di cicatrici circolari leggermente in rilievo che vengono ottenute seguendo un disegno tracciato con calino o graffiato superficialmente sull’epidermide con una spina.
Prima delle danze
Prima delle danze che scandiscono gli avvenimenti salienti della vita degli Shilluk (nascite, matrimoni) i ballerini si dipingono il volto con differenti colori naturali : il bianco, il giallo, il rosso e, anche se più raramente, il verde.
Cingono la fronte con una fascia generalmente gialla e infilano una penna nei capelli.
Portano collane di perline colorate e sonagli alle caviglie e pelli maculate grezze pendono dai fianchi. Portano anche lance dalla lunga lama e particolari scudi rotondi.
E’ importante dare il maggior risalto possibile ai cheloidi della fronte evidenziandoli col bianco caolino.
Le danze: un momento di aggregazione
Come per tutte le popolazioni africane, anche per gli Shilluk la danza, i canti, le grandi riunioni collettive rappresentano momenti importanti e insostituibili di aggregazione che segnano le tappe dei singoli individui o dell’intero gruppo.
I suonatori fanno scaturire dai tamburi sollevati da terra, i ritmi che accompagnano i passi di danza, talvolta frenetici.
Nel portamento sicuro, nei volti dipinti, nei gesti e nei movimenti del corpo, i ballerini sono l’espressione di un’Africa antica e profonda, giunta fino a noi col fascino dei suoi ritmi.
Presso il Museo Castiglioni è possibile scoprire straordinari reperti etnologici ed archeologici.
Tutte le immagini fotografiche, i disegni e i testi di questo articolo sono di proprietà esclusiva dei fratelli Alfredo e Angelo Castiglioni. Qualsiasi riproduzione, anche se parziale, è vietata. Per ricevere autorizzazione all’utilizzo si prega di contattare il Museo Castiglioni.
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