Mandja: un popolo della foresta.

1970
Ci troviamo in Repubblica Centrafricana per svolgere una ricerca sull’etnia Mandja e documentare i riti di circoncisione e di clitoridectomia.
E’ il mese della luna “babena”, la luna di novembre e dicembre. Nei villaggi Mandja hanno inizio le danze alle quali partecipano i “padrini d’ iniziazione”, coloro che seguiranno i giovani fino alla circoncisione.

Il campo di iniziazione
I giovani da circoncidere vengono isolati in una radura nella foresta, lontani dal loro villaggio. Hanno la pelle cosparsa con la fuliggine nera delle pentole. E’ il colore dell’ignoranza e della impurità. Non conoscono ancora i “misteri” del loro gruppo che saranno rivelati gradatamente dai “padrini d’iniziazione”; semplici insegnamenti validi sotto ogni latitudine: “Quando mangi invita sempre il tuo vicino. Potrebbe aver fame e tu non lo sai”, “ Non rubare il cibo. Potresti portare la fame e la disperazione in una famiglia”.

Il feticcio “Bazavan”
Al centro del campo d’iniziazione c’è il feticcio “Bazavan”, un simulacro dei giovani morti durante i riti iniziatici, soprattutto dopo la circoncisione a causa delle frequenti infezioni. E’ un luogo segreto, dove le donne non sono ammesse.

Gli insegnamenti si alternano a canti e danze. La frusta dei padrini d’iniziazione è sempre presente e sovente si abbatte bruciante sulle spalle dei neofiti . Il dolore è un meccanismo di “imprinting”: sarà difficile, poi, scordare ciò che hanno appreso.

Arriva il giorno della circoncisione. Rapidamente gli aiutanti del circoncisore “Wan-zoro”, immobilizzano in piedi il circoncidendo, tenendolo per le braccia piegate dietro la schiena.

Di fronte il padrino fissa il giovane negli occhi, alzando la frusta. Il circoncisore tiene stretto il prepuzio tra l’indice e il medio, poi con un movimento di tensione e torsione, rapidamente lo recide con un apposito coltello.

Un improvviso tremore scuote il circonciso. E’ un attimo. Un colpo di frusta del padrino si abbatte sulle sue spalle. Paura e angoscia si trasformano in un grido che giunge lontano. Gli abitanti del villaggio apprendono così che il giovane ha lasciato alle spalle la giovinezza. E’ diventato un uomo.

Le cure
I circoncisi vengono accompagnati dai padrini di iniziazione in una zona ombrosa dove siedono su uno strato di foglie dal particolare odore che tiene lontane le mosche dalle ferite.

Tengono i palmi delle mani rivolto verso l’alto in segno di ubbidienza. Resteranno così fino al tramonto accuditi dai padrini che bagnano le ferite con una polvere chiamata “khanga”, ricavata da un erba dai fiori bianchi che disinfetta e arresta le emorragie.

 

Rientro al villaggio
I circoncisi tornano al villaggio dove si continuano, anche durante la notte, i canti. Uno di questi recita: “una volta credevo che non esistessero i “ganza” ( i giovani che devono essere circoncisi ) ma ora ho visto il coltello…ho visto il coltello ma non ho avuto paura“.

E ancora: “tutti gli uomini vedendo il mio sesso, si burlavano di me e dicevano che ero come le donne… ma ora non mi canzoneranno più…“.

I circoncisi hanno abbandonato il gonnellino di paglia e si sono cinti i fianchi con fasci di foglie fresche.

Una nuova acconciatura
La pelle non è più cosparsa di nera fuliggine, ma risplende di bianche macchie di caolino. Il bianco è un colore “positivo”: allontana le malattie ed è simbolo di purezza e di “rinascita”. Infatti i circoncisi sono individui nuovi e la pelle è macchiata di bianco, come bianco era il loro corpo al momento della nascita (l’Africano nasce bianco).

La fanciullezza è stata cancellata dalla severa scuola iniziatica e il loro “status” precedente è scomparso per sempre.

Anche esteriormente i giovani si sono “rinnovati”, rendendosi irriconoscibili.

Celano gli occhi dietro cerchi di legno che alterano la loro fisionomia e portano curiosi copricapi a forma di cono.

L’ultima danza
Alla luce del giorno proseguono le danze. Ai circoncisi e ai “padrini d’iniziazione” si è unita anche un’anziana donna.

Il fatto è straordinario: sappiamo infatti che la presenza femminile è rigorosamente bandita dalle danze dei circoncisi.

Chiediamo spiegazione al nostro interprete: “La donna – ci dice – è vecchia e da tempo il suo flusso mestruale si è arrestato. Non è quindi “impura” e la sua presenza non reca danno ai circoncisi“.

Clitoridectomia – Villaggio di Djipolago a nord di Fort Sibut (Rep.Centrafricana), 1970
Accompagnate dalle madrine, le giovani vengono condotte nella foresta, lontane dalla curiosità degli abitanti del villaggio. “Sono cose di donne” – ci ha detto il nostro interprete- ”che gli uomini non possono vedere”. Il luogo è stato scelto da tempo nelle vicinanze di un corso d’acqua.

La madrina
La giovane, in attesa di essere operata, è assistita da una madrina. La donna l’incoraggia, ricordandole che paura e manifestazioni di dolore, sono disdicevoli per la famiglia e il villaggio.

Inoltre , dopo l’operazione, diventerà una donna a tutti gli effetti, con la possibilità di essere chiesta in moglie e far parte del nucleo famigliare del marito.

L’operazione
Seduta sulle ginocchia della madrina la giovane viene escissa.

E’ una donna anziana e abile ad effettuare l’operazione. Rapidamente recide la clitoride trattenuta tra il pollice e l’indice cosparsi di cenere per poi procedere all’ablazione delle piccole labbra vaginali.

Con l’intervento hanno termine i “riti di passaggio” dalla giovinezza all’età adulta.

Nel ruscello
Poi la giovane viene portata al ruscello. L’acqua fresca servirà a lenire in parte il dolore. I Mandja credono che la clitoride gettata nell’acqua si trasformerà in una sanguisuga.

Dopo l’operazione
Le giovani vengono fatte sedere all’ombra, in una zona ventilata sotto gli imponenti alberi della foresta, e rami frondosi sono posti sui ginocchi a protezione delle ferite.

Per diverse ore resteranno sedute con le palme rivolte verso l’alto in segno di ubbidienza, con le spalle leggermente ondeggianti e i volti che denotano il loro dolore .

Le danze
Al ritorno al villaggio, iniziano le danze che si protraggono per ore. Le giovani sono cosparse di pigmenti colorati e lucide di olio.

Il rosso è il colore del sangue: fortifica i corpi indeboliti dall’operazione subita.

Presso il Museo Castiglioni è possibile scoprire straordinari reperti etnologici ed archeologici.

Tutte le immagini fotografiche, i disegni e i testi di questo articolo sono di proprietà esclusiva dei fratelli Alfredo e Angelo Castiglioni. Qualsiasi riproduzione, anche se parziale, è vietata. Per ricevere autorizzazione all’utilizzo si prega di contattare il Museo Castiglioni.

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