Le miniere d'oro di Re Salomone.

La ricerca storica
La regione di Beni Shangul, al confine col Sudan, è la zona più ricca d’oro dell’Etiopia centro-occidentale. Forse è da lì che la regina di Saba portò a Salomone oro “in copia infinita” come recita la Bibbia: 120 talenti.
Un quantitativo enorme: un talento corrisponde infatti a circa 30 chili.
Abbiamo ipotizzato la localizzazione della regione aurifera dagli scritti di Cosma Indicopleuste (viaggiatore siriaco o egiziano del VI secolo), che nel suo libro “Topografia cristiana”, così si esprimeva:
Nel viaggio di andata (i commercianti incaricati di portare oro al re axumita) procedono lentamente, soprattutto a causa del bestiame che portano con loro (per scambiarlo con oro), mentre al ritorno vanno veloci per evitare d’esser sorpresi dalle tempeste e dalle piogge. Da quelle parti, in effetti, vi sono le sorgenti del Nilo (lo “Abbai”, il Nilo Azzurro) e d’inverno, in seguito alle abbondanti piogge, dal fiume straripano sulla strada torrenti d’acqua”.
E precisa: “L’inverno dei popoli che vivono laggiù… inizia nel mese detto dagli egizi, “Epiph” (giugno- luglio) e termina alla fine del mese di “Thot” (agosto-settembre)”.

Queste informazioni ci fornirono preziosi dati sulla collocazione delle miniere; dovevano trovarsi in prossimità alle sorgenti del Nilo, dove il periodo delle grandi piogge va da giugno a settembre. Queste ed altre ricerche ci convinsero che la regione aurifera era situata tra le rosse colline della regione dei Beni Shangul.

Il viaggio
Lasciamo Addis Abeba e ci dirigiamo verso occidente e il confine con il Sudan. Nella zona dei Beni Shangul, l’etnia che ha dato il nome alla località, il paesaggio è caratterizzato da imponenti termitai che si stagliano contro basse colline, immersi in una folta boscaglia, dove sovente non è facile proseguire su un terreno di rossa laterite scivoloso soprattutto dopo le piogge.

Il campo notturno
Dal diario della missione – (gennaio 1994):
Avanziamo tra la boscaglia, cercando una radura dove aprire le tende. Troviamo una zona tranquilla che ci accoglie con il monotono richiamo delle tortore. Una cena veloce con due galline arrostite, acquistate nel vicino villaggio di Beni Shangul e, prima di coricarci nelle tende, raccomandiamo agli uomini di seppellire i resti del pasto per non attirare i carnivori notturni. E’ da poco passata la mezzanotte quando siamo svegliati da rumori soffusi. Al fascio luminoso di una torcia, occhi gialli si accendono nel buio di una notte senza luna. Sono iene maculate che stanno frantumando, con mascelle capaci di spezzare la zampa di un asino, i resti della nostra cena. La notte trascorre accompagnata dal tetro rumore di ossa rosicchiate.

L’oro dei fiumi
I fiumi nella regione di Beni Shangul sono numerosi e l’erosione dell’acqua ha accumulato pagliuzze del prezioso metallo lungo le rive. E’ qui che viene cercato l’oro.

Con un piatto di legno, fatto ruotare, si elimina per centrifugazione il materiale sterile, mentre il prezioso minerale più pesante rimane sul fondo.

Restiamo alcuni giorni con un piccolo gruppo di cercatori, constatando che dopo giornate di faticoso lavoro l’oro trovato raggiungeva appena i due grammi.

Molte volte la polvere aurifera si trova invece al centro del fiume e deve essere recuperata rimanendo immersi nell’acqua per ore sottoposti alle punture delle mosche tzè-tzè, che si accaniscono sulla pelle bagnata. Le pagliuzze d’oro sono custodite in un corno che il minatore tiene dietro l’orecchio.

L’oro estratto dal quarzo
E’ un lavoro che si svolge in gruppo e che richiede una certa organizzazione. Il quarzo aurifero deve essere polverizzato con pestelli: un palo di ferro di venti chili che frantuma il minerale in mortai delle stesso metallo.

E’ un’attività svolta dai giovani che rendono più lieve la fatica intonando canti ritmati. Poi la polvere quarzifera custodita in sacchi, viene consegnata ai vari minatori che, usando il classico piatto di legno, estraggono il minerale prezioso. Questo lavoro è svolto in gruppo e l’oro ottenuto è distribuito tra tutti.

I terreni auriferi migliori
La ricerca degli strati più promettenti si effettua scavando pozzi.

Una volta individuato il terreno migliore, lo si porta in superficie con corde o carrucole improvvisate.

Normalmente la terra aurifera si trova a due metri e mezzo di profondità, ma alcuni scavi raggiungono i 10 metri e non mancano gli incidenti.

Il problema dell’acqua
In alcune zone manca l’acqua necessaria a lavare la polvere quarzifera. Si creano pertanto dei bacini, utilizzando teli di plastica e il prezioso liquido viene equamente distribuito tra i minatori.

L’uomo incaricato di trasportare l’acqua dal fondo valle ha un compenso superiore a quello spettante ai minatori.

Il commercio dell’oro
Anche il commercio rispecchia le descrizioni di Cosma. I cercatori affidano alle piccole bilance dei commercianti il loro pizzico di metallo prezioso, dopo aver camminato anche due giorni per raggiungere i mercati all’aperto che si tengono ogni settimana.

Nei villaggi, i commercianti hanno il loro banco in capanne e la transazione è più impegnativa. La polvere aurifera, messa su un cucchiaio, viene scaldata al fuoco di una candela. Si elimina così il “peso” dell’umidità residua. Il metallo deve essere puro quindi con una calamita l’acquirente elimina le microscopiche particelle di ossido di ferro.

Infine l’oro viene pesato e il compratore mette sul tavolo i soldi che offre: se il venditore è d’accordo li prende, altrimenti se ne va con il suo irrisorio tesoro.

Le miniere più antiche
Le miniere più antiche si trovano sulla cima dei monti e si raggiungono lungo sentieri sepolti da una rigogliosa vegetazione.

Profonde gallerie sono chiamate in dialetto Beni Shangul, “antiche miniere di re Salomone”.

Ancora oggi alcuni minatori scavano (e trovano) piccole pepite in questi profondi scavi che penetrano per una diecina di metri nel cuore della montagna.

All’esterno di una galleria abbiamo recuperato alcune monete axumite che sembrano confermare il racconto di Cosma.

Presso il Museo Castiglioni è possibile scoprire, tra numerosi reperti etnologici ed archeologici, anche l’accurata documentazione di questa sensazionale scoperta effettuata nel 1989 dall’equipe dei fratelli Alfredo e Angelo Castiglioni.

Tutte le immagini fotografiche, i disegni e i testi di questo articolo sono di proprietà esclusiva dei fratelli Alfredo e Angelo Castiglioni. Qualsiasi riproduzione, anche se parziale, è vietata. Per ricevere autorizzazione all’utilizzo si prega di contattare il Museo Castiglioni.

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